volevo-tutto-3Dalla quarta di copertina:

L’aria è frizzante, in una mattina anni ’60. Andrea cammina verso via Solferino, teso e pronto per la sua nuova vita. Da Isernia si è trasferito a Milano per lavorare nel più importante quotidiano del Paese, il “Corriere della Sera”, e gli sono bastati pochi giorni per immergersi in un’epoca favolosa e folle. Ci si incontra al Bar Jamaica, le ragazze ballano il twist e Mina è già una stella. Andrea non pensa alla moglie lontana, al figlio nato da poco. Assapora il ritmo frenetico e i sogni d’Italia. Nei corridoi del giornale, incontra grandi figure come Eugenio Montale e Indro Montanelli. La sera frequenta i locali fumosi di Brera e lì conosce Bianca, una donna algida e bellissima di cui si innamora. Per Andrea le giornate diventano una gara di equilibrio, tra passato e presente, tra ambizione e disincanto, ma una telefonata fa precipitare tutto. Suo fratello, tornato dalla naja, sta male. Torna a casa per vederlo e Luca delira, parla di un film segreto che Fellini sta per girare. Andrea non gli crede, finché non viene contattato da un collaboratore del maestro. Per lui è un’occasione senza precedenti: sarà il primo a raccontare la “Nuova dolce vita”. Tra Milano e il set, dovrà fare i conti con le proprie paure e i desideri e intanto vedrà scorrere l’Italia tutta. Le colline, la politica, la televisione. I sorrisi, le delusioni e l’amore.

RECENSIONI

Carlo Mazza Galanti su  “Il” de “Il Sole 24 Ore”, 3 ottobre 2014

C’è un motivo edipico che attraversa Volevo tutto: La vita nuova (Rizzoli), il nuovo romanzo del giovane scrittore molisano Andrea Gentile, un motivo che s’impone nella trama e sembra coinvolgere la visione dell’autore, fino ad avvolgere il libro tra le spire di un risentimento duro e radicale nei confronti del tempo e della vita che si mostra al lettore tra le pagine di questa storia. E della Storia: lo spessore della storia italiana nella quale Gentile si muove con destrezza di ricercatore fin dalla sua collaborazione con Enrico Deaglio in Patria, e dalle sue prime prove narrative.
Una storia che pare ispirarsi ai labirintici percorsi del romanzo postmoderno piuttosto che ai cronachistici tracciati della nostra recente narrativa, pur prodiga di padri-e-figli, tra i Serra e gli Scurati. (…) La Milano ruggente dei Sessanta è dipinta in tinte fosche e inquietanti che ribaltano il racconto dei genitori di chi, come l’autore, è cresciuto all’ombra di quegli anni circonfusi di un’aura leggendaria: il bar Jamaica e Mina, l’epoca dorata di Brera e Solferino. L’eccitazione della metropoli moderna si consuma in un’interiorità tormentata, il mito milanese è sbriciolato da uno stile cupo e oracolare (orgogliosamente ostentato, sfacciatamente incurante dei suoi parossismi) e non stupisce che tra le svolte oniriche del romanzo emerga improvvisamente Fellini: alle prese con un film segreto, una «Nuova dolce vita», anche il grande regista pare mosso dall’intenzione di fare piazza pulita delle narrazioni che hanno dato linfa a una nazione dopata dal boom economico. Il risultato è un romanzo ambizioso, complesso, intessuto dell’eredità (economica, culturale, sentimentale) che di generazione in generazione giunge a noi, all’oggi, alle promesse non mantenute dal passato, al dono fallato di una “vita nuova” nella quale è ormai impossibile, se non decisamente azzardato, continuare a credere.

Giacomo Giossi su “Blow Up”, dicembre 14

L’Italia è quella del 1964, un bianco e nero che più a colori di così non si è mai più visto: boom dei consumi, scala sociale apertissima e in grande movimento e grandi possibilità per tutti, anche se varie ombre (e bombe) hanno già iniziato ad oscurarne la felicità. Ma Andrea Gentile racconta solo in apparenza questa storia, così come il suo romanzo solo in apparenza segue un filone vagamente nostalgico (…). Questa è infatti la vernice lucidissima di una narrazione con ben altre ambizioni. Andrea Gentile alla sua seconda prova romanzesca (…) regola l’intensità della propria scrittura migliorandone la sintonizzazione e inquadrando un racconto capace di mostrare lucentezza attraverso le viscere di un carattere, quello italiano, oggi polverizzato. (…) Lavorando sulla profondità della superficie, attraverso una scrittura raffinata quanto godibile, Volevo tutto si snoda nella forma di un noir rivelando una sapienza dell’autore che è sì dei fatti, ma maturata attraverso una sensibilità capace di penetrare il corpo dei personaggi: (…) una vita italiana al postmoderno fatta di un felice uso del nazional popolare capace di abbattere finalmente gli stupidi steccati intellettuali nostrani.

Luca Romano su “Huffington Post”, 2 dicembre 2014

(…) Il viaggio di Andrea Di Sanza è un percorso epico, di un giornalista alle prime armi, in un’Italia televisiva. La sua storia e la Storia di una nazione intera si intrecciano senza la reale possibilità di incontrarsi, ma solo di scontrarsi e farsi male. Al suo arrivo a Milano, infatti, Di Sanza, si inserirà nel giornalismo dell’epoca con articoli di costume, in attesa di poter mostrare tutto il suo talento, sotto gli occhi di Indro Montanelli e di altri colleghi del Corriere.
Ed è proprio lavorando su costume e società, descrivendo lo stile di vita dei cantanti e degli attori, che le sue vicende personali inizieranno a prendere il sopravvento su tutto. Riemergerà poco per volta il rapporto con sua moglie, rimasta, con il figlio appena nato, da sola in un paesino del sud Italia; riemergeranno i traumi, la sofferenza e i deliri del fratello e i problemi con i genitori, in particolare con il padre, anch’egli, in passato, giornalista al Corriere.
Il tutto a far da contrappeso alla vita nuova, alle serate nei locali e alla sua storia d’amore e di sogni con Bianca, una ragazza Milanese. Una vita che proprio in questo senso andrà lentamente appesantendosi sino all’incontro di Di Sanza con il maestro Federico Fellini, al quale si affiancherà durante le riprese di una Nuova Dolce Vita, così da avere la possibilità di raccontare per primo il nuovo progetto cinematografico all’Italia intera.
L’incedere della narrazione però non si ferma al mero racconto degli accadimenti, tutto lentamente scompare lasciando spazio ad una visionarietà tale da riuscire a raccontare contemporaneamente il presente e il passato, non consentendo più al lettore di comprendere la differenza tra sogno e realtà, tra dolore e speranza, tra epica e storia.
La prosa di Andrea Gentile si sposterà costantemente da un piano all’altro: dalla vita privata di Di Sanza alla storia di un’Italia assorbita completamente dallo spettacolo, dalle canzoni e dal cinema. Il personaggio di Andrea risulterà, alla fine, esser completamente solo e, nonostante tutto, contornato da un insieme di figure nel paesaggio, come fossero solamente uno sfondo opaco, onirico. Un personaggio capace, inoltre, di racchiudere, nel suo sfocato vuoto, l’intera Italia degli anni ’60 e tutti i suoi sogni sgualciti da quello che in realtà erano le vite dei suoi protagonisti.

Maria Caterina Prezioso su “Satisfiction”, 2014

Anno 1965. Milano. Via Solferino. Il Corriere della Sera.
Il Corriere della Sera dove si fa l’Italia, dove incontriamo Indro Montanelli, Dino Buzzati, Eugenio Montale, ma in redazione conosciamo anche i giovani rampanti giornalisti, i novellini, coloro che faranno la storia nuova, di una nuova Italia, l’Italia del boom economico.
Andrea il protagonista lascia Isernia o meglio ancora Masserie di Cristo, lascia moglie e figlio, lascia un posto sicuro e accogliente il Quotidiano del Molise, lascia un sud sprofondato su se stesso e alla ricerca di se stesso per approdare a Milano, al Corriere della Sera, alle interviste impossibili, alle belle donnine, ai fine settimana al mare a Sestri Levante.
Andrea porta con se dietro il segreto del sud, delle nenie della nonna, del rifiuto degli antibiotici, un sud che parla poco perché a volte le parole sono di troppo e bisogna molto osservare e capire prima di parlare, di interloquire con degli immaginari ospiti di un tempo che fu. La malattia improvvisa per quanto preannunciata del fratello Luca costringe il nostro Andrea a tornare a casa e questo momento si tramuta in una strana resa dei conti per tutti.
Il sottotitolo “la vita nuova” segna tutta la seconda parte del romanzo, quando già qualcosa si è compiuto, si è determinato nei protagonisti. La morte di Luca, apre la strada a Federico Fellini e al suo progetto segreto. Un nuovo film, la Nuova dolce vita. Qualcosa che sconvolgerà il paese intero, un mondo che si va costruendo su se stesso attraverso una ricostruzione accorata di un paesaggio, di un universo che va sparendo e che non vuole morire.
Il romanzo di Andrea Gentile è qualcosa di più di un racconto dell’Italia degli anni 60. (…) Perché Andrea Gentile e il suo protagonista ci narrano anche della Nuova dolce vita, quella che deve ancora venire, quella che forse non sarà mai. Ma non ha importanza. Importante è pensarlo possibile. Pensare che dentro di noi portiamo i sogni, la paura del domani, portiamo dentro il mondo intero che si raccoglie a conchiglia come un guscio bambino di belle speranze.
(…) Andrea Gentile con Volevo Tutto, fa una carezza a noi lettori, affinché possiamo immaginarci anche noi come “individui che camminano lungo una distesa, corpi piegati, non allineati, in una prateria” .

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